Azioni di hacking, sobborghi, società segrete, allucinazioni, desiderio di opporsi all’ingiustizia e una critica profonda della società: i motivi per cui Mr. Robot è la serie più guardata del momento non mancano di certo.
L’ho scoperta quasi per caso dopo le vacanze perché m’interessava il tema hackers, e, manco a dirlo, me la sono vista tutta d’un fiato. Di seguito, le mie considerazioni su Mr. Robot (l’articolo come sempre è spoiler free!).
La trama
Il protagonista di Mr. Robot è Elliot Alderson, un ragazzo affetto da fobia sociale che combatte la solitudine hackerando gli account delle persone. Elliot ha una doppia vita: di giorno è un impiegato in un’azienda informatica chiamata Allsafe, di notte è un hacker giustiziere.
Un giorno Elliot viene avvicinato da un misterioso individuo che si fa chiamare Mr. Robot e che lo coinvolge in un’azione di hacking contro la E Corp, il più grande conglomerato informatico del mondo.
Mr. Robot e la sua squadra di hackers fanno parte di una società chiamata fsociety, che si prefigge nientemeno che cambiare il mondo attraverso la cancellazione dei debiti e il sovvertimento dell’ordine sociale.
Recitazione
Rami Malek calza a pennello nel ruolo di Elliot e riesce a dare vita a un personaggio complesso. Elliot è emaciato, stravolto, bloccato dalle sue ossessioni e dalle allucinazioni ma dotato di un’intelligenza fuori dal comune e di una sua tenerezza di fondo. Non sempre ho apprezzato il rapporto di complicità che ricerca con gli spettatori rivolgendosi a loro come a degli amici immaginari, più che altro perché non ho mai amato troppo la tecnica cinematografica della rottura della quarta parete. Ma nel complesso, anche solo il personaggio di Elliot vale la serie.
Ottima anche la recitazione di Christian Slater, enigmatico e maniacale nei panni di Mr. Robot, e quella di Martin Wallström, lo psicotico aspirante CTO della E Corp.
Com’è nato Mr. Robot
Le fonti d’ispirazione di Mr. Robot sono da ricercarsi senza dubbio nella cultura pop USA degli ultimi decenni. Siamo in un mondo allucinato, onirico, dai toni dark. C’è un po’ di Pulp Fiction, un po’ Taxi Driver e un po’ di V per Vendetta.
C’è anche l’idea che la tecnologia e internet siano una grande risorsa e che gli hackers possano essere una speranza per cambiare il mondo. Il regista, Sam Esmail, è egiziano e ha trovato l’ispirazione per Mr. Robot dopo aver ascoltato i resoconti di alcuni suoi parenti che hanno vissuto la Primavera Araba, in cui i Social e la tecnologia hanno giocato un ruolo decisivo.
Molti sono i riferimenti anche a Palahniuk e a Fight Club, ad esempio la volontà di Elliot e dei suoi compagni di capovolgere il sistema cancellando i debiti della gente. Tanto per dire, l’episodio 9 si chiude con le note di Where is my mind dei Pixies suonate al pianoforte.
Infine, Sam Esmail dichiara di essersi messo a lavorare a Mr. Robot spinto dalla voglia di scrivere una storia sugli hacker che fosse autentica, perché il cinema ha sempre dato una rappresentazione risibile dell’hacking.
Ne parliamo meglio nel prossimo paragrafo.
Mr. Robot parla di hackers. Cioè, nel senso… parla DAVVERO di hackers!
Una delle prime cose che si leggono su Mr. Robot è che è una serie TV che rende giustizia alla cultura hacker, dopo anni che il cinema banalizza e ridicolizza l’informatica.
Ciò è assolutamente vero: Mr. Robot è una serie incentrata sugli hackers che parla veramente di hackers: non ci troverete la solita roba computerosa implausibile, tipo dita che volano sulla tastiera, click fatidici che svuotano conti in banca, stringhe di codice approssimativo o virus antropomorfi in 4D. In questa serie le azioni e le affermazioni degli hackers sono molto simili a quelle reali. Chiaro, qualche cavolata c’è anche in Mr. Robot, ma nel complesso la serie compie uno sforzo notevole nel rappresentare il vero lavoro di un hacker, e questo, dopo anni di fantascemenza hackeristica, fa un sacco piacere.
A un certo punto nella serie si vede anche qualche fotogramma del film Hackers: Sam Esmail ha ben presenti i modelli che intende smantellare.
Visto che in varie scene il protagonista è avvolto di figaggine informatica come poche altre volte in una serie TV, c’è solo da sperare che adesso il termine hacker non subisca la stessa inflazione che ha avuto il termine nerd, e che tutti quelli che sanno usare una tastiera e hanno visto un linguaggio di programmazione da lontano non inizino a autodefinirsi hackers (alla stessa maniera in cui oggi chi gioca a Angry Birds si definisce nerd, e chi guarda Naruto si definisce Hotaku. Brutta bestia le mode).
In conclusione
Non ci giro ulteriormente intorno: per me Mr. Robot è la miglior serie che ho visto quest’anno.
Una storia ben congegnata con risvolti inaspettati, la migliore rappresentazione dell’hacking culture che si sia mai vista in una serie TV, una regia straordinaria, una recitazione fantastica e un sacco di citazioni che vi faranno stare bene sul serio.
E soprattutto: dopo Mr. Robot nessuno proverà più di fare un film/una serie TV sugli hackers senza prima averci riflettuto bene.
Indi perciò: guardatelo, non vi pentirete della scelta!