Non è un’impresa facile recensire Philip Dick, ma visto che è l’autore che mi ha fatto avvicinare alla fantascienza non potevo non parlarne qui sul blog. Ho scelto Scorrete lacrime, disse il poliziotto perché, nonostante l’abbia letto dopo i classici (Ubik e Ma gli androidi sognano pecore elettriche?) in qualche modo è stato il libro che mi ha veramente introdotto nell’universo dickiano (non chiedetemi perché).
Trama
Jason Taverner è un famoso conduttore televisivo con un codice genetico potenziato. In seguito a un incidente, si sveglia in una stanza d’albergo e scopre che nessuno al mondo è più in grado di riconoscerlo: nonostante conservi tutti i suoi ricordi, la sua esistenza sembra semplicemente essere stata cancellata dalla faccia della Terra. I suoi documenti inoltre sono scomparsi e lui si ritrova ridotto al ruolo di clandestino, perché il sistema non tollera chi è privo di regolare registrazione negli archivi della polizia.
In un mondo diventato improvvisamente ostile, Jason cerca di risolvere il mistero della sua scomparsa, rischiando continuamente di essere scoperto e arrestato e scoprendo la corruzione, il caos e la follia nascosti dietro a una società basata sull’ordine e sul rigore.
Considerazioni
Scorrete lacrime, disse il poliziotto, è tra i romanzi di Dick in cui si dà più spazio alle riflessioni sull’amore, la solitudine e il dolore.
Accanto ai tipici temi dickiani come l’uso di droghe, la coscienza alterata, la confusione tra i piani della realtà, ecc., trova anche ampio spazio la riflessione sulla condizione umana.
La dimensione fantascientifica si compone di pochi elementi (gli esseri umani con codici genetici potenziati, i mezzi volanti, il sistema distopico in cui tutto è sottomesso al controllo oppressivo delle forze dell’ordine), ma è ben sviluppata. Accanto ad essa troviamo anche quella filosofica costituita dalle numerose riflessioni sui sentimenti, sulla percezione e sulla coscienza di sé, che emerge principalmente dalla grande quantità di dialoghi (di fatto, Scorrete lacrime, disse il poliziotto è una lunga serie di dialoghi con poca azione intorno).
L’abilità di Dick di costruire dialoghi verosimili è nota, così come la sua capacità di rendere, attraverso gli scambi di battute, l’incoerenza e la psicologia contorta dei personaggi. I protagonisti dicono una cosa e ne fanno un’altra, sostengono un’opinione e poi cambiano idea, sono convinti di qualcosa e poi compiono l’azione esattamente contraria. Lo stesso Jason vorrebbe restare lucido e freddo, ma finisce sempre con il ritrovarsi perso in mille dubbi e agire in maniera disordinata; così come Felix Buckman, che vorrebbe non dover fare del male agli altri ma è costretto a farlo, cosa che gli provoca un grande senso di colpa.
Un altro elemento affascinante di questo romanzo sono i personaggi. Nella sua fuga disperata alla ricerca della sua identità, Jacon incontra vari personaggi, ciascun dei quali (anche i più semplici), finisce per risultare indimenticabile. Dalla falsificatrice di documenti che sogna di rivedere il marito imprigionato in un campo di lavori forzati, alla malinconica Ruth Rae che ama dissertare di amore e di dolore, fino alla vasaia insicura che vorrebbe solo essere lasciata in pace. Ci sono poi il generale di polizia Felix Buckman e la sua sorella gemella Alys, che rappresenta il caos in un mondo governato dall’ordine e dell’autorità.
In alcuni casi questi personaggi sono più approfonditi di altri, come nel caso di Felix Buckman, che già dopo i primi capitoli conquista la scena e se la contende con Jason Taverner per gran parte del romanzo. Il finale, invece, sposta decisamente l’attenzione su Felix e sulla sua storia, a mostrare il mondo fatto di autorità opprimente e pervasiva in cui si trova intrappolato senza poterne uscire.
Il ritmo della narrazione è davvero particolare, con una connotazione fortemente onirica in cui si susseguono immagini ambigue e i personaggi entrano in scena come apparizioni (sono in molti a sostenere che questo romanzo riecheggi Kafka, in particolare Il processo). Nonostante la carenza di azione, il ritmo del romanzo è rapido, tavolta frenetico.
Scorrete lacrime, disse il poliziotto è un romanzo dall’intensità straordinaria, che affascina, confonde e commuove; una storia da cui emerge una disperata volontà di sfuggire agli incasellamenti del sistema che sembra voler controllare ogni cosa.
Insomma, un romanzo da leggere, anche solo per la scena finale alla pompa di benzina: quella lascia veramente di sasso, ma, esattamente come tutto il romanzo, ci vuole un po’ di sensibilità per apprezzarla.
Pregi
Rispetto ad altre opere di Dick, in questa è più accentuata la riflessione sulla condizione umana e su temi come l’amore, il dolore, la solitudine, la coscienza di sé.
Difetti
Dick non ha mai curato troppo il suo stile, ma alcuni capitoli di questo romanzo sono tra i peggiori che abbia mai scritto. Infodump, descrizioni ridotte all’osso e qualche dialogo innaturale rendono difficile superare la soglia del primo capitolo (fortunatamente, la situazione migliora subito dopo).
Ulteriori informazioni
Il titolo è un riferimeno a Flow My Tears, una canzone del XVI secolo per liuto e voce del compositore John Dowland.
Flow, my tears, fall from your springs,
Exiled for ever, let me mourn
Where night’s black bird her sad infamy sings,
There let me live forlorn.