Trama
E’ il 1982, la famiglia Grandi riceve una visita inaspettata. E’ un vecchio che sta conducendo uno studio sui bambini nati nel giorno di Natale: ai fini del suo studio, chiede di poter incontrare una volta l’anno Chiara, la figlia appena nata dei Grandi, per seguirne la crescita.
E’ il 1997 e la vedova Grandi, con sua figlia Chiara, sono in vacanza in Versilia, dove fanno un incontro inaspettato che cambierà le loro vite.
E’ il 2028 e nella Greater London Neotatcherita un anziano riceve una proposta dalla Chiesa della Divina Bomba: tornare indietro nel tempo per raccogliere testimonianza diretta dell’ultimo anno di vita di Philip K. Dick.
Inizia così un viaggio incredibile che chiarirà ogni cosa e pian piano svelerà ciò che l’ha messo in moto: un’intensa storia d’amore.
Considerazioni
Da buona videogiocatrice, una delle cose che apprezzo di più della produzione di Tullio Avoledo è l’influenza dei videogiochi nei suoi romanzi. Un esempio è Un buon posto per morire, romanzo scritto a quattro mani con Davide Boosta Dileo e basato proprio sull’esistenza di un videogioco da cui dipendono le sorti dell’umanità; un altro esempio è la raccolta di Multiplayer Le realtà in gioco, dove è presente un racconto di Avoledo prettamente incentrato sui videogiochi (a-ehm. Di solito non faccio autopromozione, ma in questa raccolta c’è anche un mio racconto :P).
Anche nel caso di L’anno dei Dodici Inverni, l’ispirazione arriva da un videogioco: Fallout 3. La parte finale del romanzo, quella ambientata a Londra in un prossimo futuro, sarebbe ispirato proprio all’ambientazione di Fallout 3, mentre l’idea per la complessa trama del romanzo è venuta all’autore dopo aver giocato un add-on del gioco (Operation: Anchorage).
L’anno dei Dodici Inverni è un romanzo ucronico, che affronta il tema dei viaggi nel tempo e dei paradossi temporali.
Ma è anche tante altre cose, perché Avoledo, oltre che uno scrittore ispirato, è anche un grandissimo story-teller e riesce a tenere i lettori avvinti con una storia che parla d’amore, di solitudine, di sofferenza, di ricerca della redenzione, di volontà estrema di superare i limiti.
Il modo in cui Avoledo affronta la psicologia dei personaggi oltrepassa la soglia del genere e accoglie istanze di altre categorie narrative, in particolare quelle del romanzo psicologico e sentimentale: questo fa sì che L’Anno dei Dodici Inverni, nonostante la componente fantascientifica pronunciata, possa essere letto tranquillamente anche dai non appassionati del genere.
L’unico punto debole che ho trovato in questo romanzo è uno stacco troppo netto tra le prime due parti, ambientate nel passato, e l’ultima, ambientata nel futuro, in cui l’elemento fantascientifico prende il sopravvento.
La parte finale, quella che verte nettamente sull’ambientazione fantascientifica, risulta poco armonizzata con il resto della storia: dall’Italia del passato si salta di colpo alla Londra del futuro (immaginare un’Italia futuristica è davvero dura), generando uno scarto netto tra le prime due parti del romanzo e l’ultima.
Il registro fantascientifico e il registro “non di genere”, insomma, non riescono pienamente ad amalgamarsi; ma qui la causa, più che un problema strutturale, sembra essere culturale: in Italia il genere fantascientifico è ancora molto di nicchia, e nei tentativi di “contaminazione” come questo è inevitabile che si avverta uno stacco netto tra il linguaggio fantascientifico e quello che non lo è.
In ogni caso L’anno dei Dodici Inverni, per quanto sia imperfetto da questo punto di vista, è comunque un ottimo tentativo (a avercene, di tentativi così!).
Insomma: leggetelo, e fatelo leggere anche ai vostri amici che non leggono fantascienza. E’ facile abbandonarsi al piacere della lettura quando c’è di mezzo Avoledo, e in questo particolare caso la storia ci conduce alla ricerca di una risposta a una domanda davvero importante: se vi fosse possibile un unico viaggio nel tempo, lo usereste per salvare la donna che avete amato, anche se ciò comporterebbe la certezza di non essersi mai incontrati né amati?
Ulteriori informazioni
Tullio Avoledo è nato in provincia di Pordenone, il 1° giugno del 1957. Oltre a essere uno scrittore è stato anche copywriter e giornalista. Attualmente lavora in una banca.
E’ noto soprattutto come autore di fantascienza, ma ha fatto anche altro: ad esempio il suo brillantissimo L’elenco telefonico di Atlantide, romanzo a metà tra il giallo e il fantastico che ha vinto il premio Forte Village-Montblanc – Scrittore emergente dell’anno (se dopo aver letto L’anno dei Dodici Inverni decidete di voler leggere altro di Avoledo, leggete questo!).