Robot 74 , uscito questo mese, propone il bellissimo racconto di Ted Chiang La verità dei fatti, la verità dei sentimenti (The Truth of Facts, the Truth of Feelings).
Autore di 13 racconti e di un romanzo breve, Ted Chiang ha vinto una notevole quantità di premi (tra cui il Premi Nebula, il Premio Hugo, il Premio Sidewise e il Premio Locus) guadagnandosi meritatamente un’altissima reputazione come scrittore di fantascienza.
Di frequente nelle opere di Ted Chiang vengono indagate (con curiosità e una grande competenza intellettuale) le dinamiche nell’uso di un certo tipo di tecnologia, spesso portata alle sue estreme conseguenze.
Questo accade anche ne La verità dei fatti, la verità dei sentimenti, che, come già altri racconti di Ted Chiang, ha una narrazione a metà tra il saggio e il racconto.
Il protagonista e narratore del racconto è un giornalista che racconta la sua esperienza con Rimem, motore di ricerca applicato al lifelog, il dispositivo che registra ogni singolo istante della vita di chi lo indossa. Rimem analizza le conversazioni, cerca riferimenti e mostra i video relativi agli eventi passati: è sufficiente dire “Ti ricordi dell’ultima volta in cui siamo stati in spiaggia?” per visualizzare immediatamente il video relativo a quell’evento.
Il protagonista, incaricato di scrivere un articolo su Rimem, conduce una serie di indagini e interviste sul motore di ricerca guidandoci attraverso una serie di riflessioni sull’impatto che una tecnologia di questo tipo avrà sulle persone, sul loro modo di ricordare e di percepire la realtà.
Riusciremmo lo stesso a perdonare qualcuno che ci ha fatto un torto se in ogni momento potessimo rinfrescare il ricordo dell’offesa rivedendone il video? Attribuiremmo la stessa importanza ai ricordi d’infanzia se potessimo rivederli all’infinito?
Questa e molte altre questioni vengono affrontate nel racconto di Chiang, sempre con la capacità di dissertazione complessa e articolata tipica di quest’autore.
Parallela alla vicenda personale del protagonista si svolge la storia di Jijingi, giovane membro del clan dei Tivi che fa amicizia con un missionario europeo che gli insegna l’arte della scrittura. Anche qui le questioni introdotte da Chiang sono più che mai interessanti: imparare la scrittura significa, per Jijingi, ricordare meglio quanto è stato detto oralmente. Malgrado questo gli sembri, inizialmente, un modo efficace per vincere la fallacia della memoria e della conoscenza, si rende presto conto che l’obiettività delle parole scritte entra in conflitto con il giudizio e il modo di pensare dei membri del suo clan.
Ed è nell’interrogativo che ne emerge che, secondo me, le due storie trovano un punto di contatto: l’esattezza e la precisione delle informazioni fissate su un supporto esterno alla mente possono soppiantare la capacità di discernimento umana?
Ted Chiang è bravissimo a guidare il lettore nella complessa trama di questo racconto, a farlo immergere nell’esplorazione di una tecnologia di massa e di tutto ciò che a essa si collega: temi sociali, antropologici, cognitivi, relazionali.
Questo racconto riconferma la straordinaria capacità di Ted Chiang di creare realtà narrative diverse dalla nostra, eppure “molto più aderenti alla sostanza intima della nostra umanità e della nostra identità psicologica e sociale” (Vincenzo Oliva). E va a segno, eccome se va a segno.
Se ancora non avete letto questo racconto, fatelo immediatamente; se non avete letto niente di Ted Chiang, leggete questo racconto e correte a leggere anche gli altri: l’operazione non vi richiederà tanto tempo, visto che sono tutti racconti brevi, ma soprattutto vi godrete delle vere e proprie perle.
Ulteriori informazioni:
1.Trovate questo racconto su Robot 74, che potete acquistare qui.
2. Ted Chiang ha rinunciato alla nomination al Premio Hugo del suo racconto Il piacere di ciò che vedi: un documentario (Liking What You See: A Documentary) perché non ne era pienamente soddisfatto e non lo riteneva conforme agli standard qualitativi del Premio (Sic!).